DANNI DA RESPONSABILITA’ PER COSE IN CUSTODIA: L’ENTE GESTORE DELLE AUTOSTRADE
Soggetto particolarmente interessato dall’applicazione dell’articolo 2051 del codice civile è l’ente che gestisce un autostrada – per sua natura destinata alla percorrenza veloce, in condizioni di sicurezza, cui si è ammessi dietro pagamento di un “corrispettivo”; si confronti, a tal proposito, la seguente pronuncia, laddove il Tribunale di Milano, con articolata dissertazione, precisa che in diritto, richiamando l’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Corte di Cassazione, è da ritenere che ai proprietari o concessionari delle autostrade sia applicabile il disposto dell’art. 2051 c.c., poiché gli stessi si trovano, in relazione allo spazio circoscritto e rigorosamente delimitato della rete autostradale, nelle condizioni di svolgere un’adeguata attività di vigilanza e di controllo, tale da impedire l’insorgere di situazione di pericolo per gli utenti, con la precisazione che l’applicazione dell’anzidetta disposizione normativa è limitata a quelle situazioni di pericolo (ed ai danni dalla stessa derivati) connesse alla struttura ed alle pertinenze dell’autostrada, configurandosi, invece, il caso fortuito (tale da liberare il custode da responsabilità) nel caso di situazioni di pericolo causate dagli stessi utenti, ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa, che, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire l’intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario per provvedere; quando l’attore, prosegue la pronuncia de qua, ha compiutamente adempiuto al proprio onere probatorio, dimostrando la sussistenza del nesso di causalità materiale tra il sinistro e la carreggiata autostradale in custodia alla società convenuta, risultando che lo sbandamento della sua autovettura, prima contro la protezione in cemento posta sul lato sinistro della carreggiata autostradale e poi contro quella destra, è stato provocato dalla presenza di una pozza di acqua di notevoli dimensioni, interessante circa metà della corsia di marcia ubicata all’uscita di una curva a destra, avvistabile solo all’ultimo momento, trovandosi all’uscita di una curva e non facilmente evitabile, in ragione delle sue dimensioni, ristagno di notevole quantità d’acqua sulla carreggiata che non trovava la sua origine in un fenomeno meteorologico di carattere eccezionale, ma nell’avvenuta otturazione di un tombino destinato al deflusso dell’acqua piovana per omessa manutenzione e/controllo di un manufatto costituente parte della struttura autostradale, non può escludersi una responsabilità della società convenuta sotto il profilo dell’impossibilità di un intervento tempestivo idoneo a prevenire il pericolo, posto che la responsabilità per custodia prescinde da ogni valutazione della colpa del custode: “essa trova fondamento nel nesso di causalità materiale tra la cosa e l’evento dannoso ed il suo limite nel caso fortuito, che nel caso in esame non ricorre in relazione al tipo di fenomeno meteorologico in atto, che non configura un evento di carattere eccezionale, per quanto che la presenza di pioggia abbondante sia situazione da mettere sull’avviso la società autostradale, inducendola a controlli specifici ed accurati sulla propria rete, e rendeva prevedibile l’evenienza di ristagni di importanti quantità di acqua sulla carreggiata, in relazione all’inefficienza dei sistemi di deflusso della stessa. Il carattere rigoroso e severo del controllo a carico della società convenuta deriva dalle caratteristiche stesse del servizio offerto, per il quale l’utente paga in pedaggio ed essendo le autostrade destinate ad un traffico di veicoli ad elevata velocità, la società preposta al loro controllo deve garantire agli utenti condizioni di assoluta sicurezza della strada” (Trib. Milano 20 aprile 2006, GiustM, 2006, 6, 44 – cfr., amplius, da ultimo, “Responsabilita’ oggettiva e semioggettiva”, Riccardo Mazzon, Utet, Torino 2012), sicché, tra l’altro, l’utente cumula l’azione per responsabilità extra contrattuale con quella fondata sulla responsabilità contrattuale: “in tema di ripartizione dell’onere probatorio nelle cause di risarcimento danni subiti dagli automobilisti per la presenza di un ostacolo su carreggiata autostradale, spetta al gestore dell’autostrada provare l’inesistenza di una propria negligenza per omessa vigilanza sia quando il titolo della responsabilità dedotta in giudizio dall’utente abbia natura contrattuale sia quando abbia natura extracontrattuale. Nel primo caso, infatti, la società concessionaria per liberarsi dal risarcimento deve provare che l’inadempimento è derivato da causa a lei non imputabile ex art. 1218 c.c. ; nel secondo, invece, dove dare la prova liberatoria del caso fortuito di cui all’art. 2051 c.c., attesa la possibilità della vigilanza da parte del soggetto concessionario dell’autostrada” (Cass. Civ., sez. III, 24 aprile 2008, n. 10689, DeG, 2008) -, in ragione del particolare rapporto con la cosa che ad esso deriva dai poteri effettivi di disponibilità e controllo sulla medesima (nella decisione che segue, ad esempio, la Suprema Corte, sulla scorta dell’enunciato principio, ha rigettato il ricorso proposto e confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto configurabile la responsabilità da omessa custodia a carico del concessionario gestore di autostrada con riferimento ad incidente verificatosi per la presenza sulla sede autostradale di un cane che aveva tagliato la strada al veicolo del controricorrente sopraggiungente, con conseguente sbandamento e ribaltamento dello stesso in virtù della collisione con i cordoli laterali e la produzione di lesioni personali, senza che la ricorrente, sulla quale incombeva il relativo onere, fosse riuscita a dimostrare che l’immissione dell’animale era riconducibile ad ipotesi di caso fortuito, quale l’abbandono del cane in una piazzola dell’autostrada ovvero il taglio vandalico della rete di recinzione od, ancora, il suo abbattimento in conseguenza di precedente incidente, per il quale non era stato possibile intervenire tempestivamente adottando le necessarie cautele): “la disciplina di cui all’art. 2051 c.c. si applica anche in tema di danni sofferti dagli utenti per la cattiva ed omessa manutenzione delle autostrade da parte dei concessionari, in ragione del particolare rapporto con la cosa che ad essi deriva dai poteri effettivi di disponibilità e controllo sulle medesime, salvo che dalla responsabilità presunta a loro carico i concessionari si liberino fornendo la prova del fortuito, consistente non già nella dimostrazione dell’interruzione del nesso di causalità determinato da elementi esterni o dal fatto estraneo alla sfera di custodia (ivi compreso il fatto del danneggiato o del terzo), bensì anche dalla dimostrazione – in applicazione del principio di c.d. vicinanza alla prova – di aver espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa, in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, di vigilanza e manutenzione su di essi gravanti in base a specifiche disposizioni normative e già del principio generale del “neminem laedere”, di modo che il sinistro appaia verificatosi per fatto non ascrivibile a sua colpa. ” (Cass. Civ., sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2308, AGCSS, 2007, 7-8, 790; GCM, 2007, 2).
Particolarmente variegata risulta essere la casistica giurisprudenziale esistente in materia, che va dal soggetto precipitato da un viadotto autostradale per aver scavalcato il guardavia, dopo essere stato coinvolto in un precedente sinistro (nel caso di specie, oggetto del rapporto di custodia dell’ente era un viadotto dell’autostrada del Brennero, caratterizzato da una carenza strutturale, rappresentata dal non percepibile vuoto tra le due campate e nella sua non adeguata protezione e segregazione), “l’ente gestore delle autostrade risponde, in base all’applicazione dell’art. 2051 c.c., del danno alla persona subito dal soggetto precipitato da un viadotto autostradale per aver scavalcato il guardavia, dopo essere stato coinvolto in un precedente sinistro” (Trib. Rovereto 23 luglio 2010, Redazione Giuffrè, 2010), al danno causato da animali vaganti, “in relazione ai danni cagionati da animali vaganti sulle autostrade è ravvisabile una ipotesi di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. in quanto tali beni sono per loro natura destinati alla percorrenza veloce in condizioni di particolare sicurezza ed accessibili solo dietro pagamento di un «corrispettivo», onde una più spiccata e doverosa possibilità del controllo in capo al gestore della tratta consente di configurare una sua posizione custodiale sulla cosa” (Trib. Nola, sez. II, 11 dicembre 2008, GM, 2009, 6, 1563), ai sinistri causati da accidentali ingombri, inopinatamente presenti nella sede autostradale, quale, ad esempio, un cartello di segnalazione, apposto in occasione di un incidente tra veicoli, rovesciatosi sulla sede stradale (in applicazione dei principi di cui sopra, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva respinto la domanda del danneggiato): “la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. non è applicabile nei confronti della p.a. per quelle categorie di beni demaniali, quali le strade pubbliche, che sono oggetto di utilizzo generale e diretto da parte di terzi, poiché in questi casi non è possibile un efficace controllo ed una costante vigilanza da parte della p.a. tale da impedire l’insorgere di cause di pericolo per i cittadini. Tuttavia, quanto alle autostrade, per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, cui si è ammessi dietro pagamento di un “corrispettivo”, la possibilità del controllo consente di configurare un rapporto di custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c., distinguendo però le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze dell’autostrada da quelle provocate dagli stessi utenti ovvero da una repentina e non prevedibile alterazione dello stato della cosa, potendosi in questa seconda tipologia di casi ravvisare il caso fortuito tutte le volte che l’evento dannoso presenti i caratteri della imprevedibilità e della inevitabilità, in quanto l’insidia nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere” (Cass. Civ., sez. III, 13 luglio 2005, n. 14749, GCM, 2005, 7/8).